UN VOLO ANDATO IN FUMO............

 

Reportage di Fabrizio Dell'Acqua


 

Eppure anche il Puerto Plata Reporter ne aveva parlato. Per chi come noi piloti di Tropic Air vive e lavora qui ai Caraibi, è importante leggere i giornali locali. Non ci saranno le grandi notizie internazionali, gli scoops da premio Pulitzer, ma tante piccole notizie, tanti pettegolezzi e tanta ingenuità nell’esaltare quanto di buono si trova in zona che ci possono permettere di vivere meglio e di non incorrere in spiacevoli inconvenienti...

Ma cominciamo da principio.

Come al solito in questi ultimi tempi mi aspettava un volo locale, il solito avanti e indietro tra improbabili aeroporti caraibici trasportando sprovveduti turisti, loschi figuri e ragazze di belle speranze, la solita fauna che usa i voli Tropic Air, ben noti per le tariffe basse (ma comunque sempre troppo alte per il servizio offerto), la flessibilità nello scheduling e la disponibilità del personale (l’Ernesto è ormai un’istituzione da queste parti).

Dunque questa volta era il volo R5a, dove “a” sta per andata, geniale,con il famoso Seneca “Fil de Fer”, da Port-au-Prince, la solita disastrata capitale di Haiti, a Puerto Plata, aeroporto Gregorio Luperon, sulla costa settentrionale della Repubblica Dominicana. Puerto Plata è una località turistica, brulica di europei venuti qui in cerca di sole, mare e compagnia... In maggioranza sono tedeschi e italiani. I primi si riconoscono per i sandali con calzini e un colorito più simile ad un astice bollito che ad un umano; i secondi per la compagnia di più o meno vistose accompagnatrici locali, che qualche volta fanno il colpaccio e poi ci ritroviamo Miss Italia color cioccolato!

Ebbene, partenza prevista per le 10:45, all’aeroporto un’oretta prima per prepare il piano di volo (si ve l’ho già detto, noi di Tropic Air avremo tanti difetti, ma voliamo sempre con un piano di volo), conoscere l’equipaggio e dare un’occhiata ai passeggeri... è diritto del Comandante rifiutare un imbarco se ritiene che possa rappresentare un pericolo. Questa volta però è l’equipaggio che non mi convince... va bene le solite hostess, ben diverse da quelle pubblicizzate sul sito internet, ma il mio secondo. Un tipo che non avevo mai visto prima, forse nemmeno dello staff di Tropic Air ma reclutato sul luogo da quel taccagno del Prez, che pur di risparmiare su una trasferta, non esita a mettere a bordo gente che magari il brevetto non l’hanno mai visto...

Questo si chiama Luis, mi accerto piuttosto che non abbia armi, è più importante del brevetto, faccio io il giro dei controlli, sembra tutto negli standards della Compagnia e, con qualche minuto di ritardo, decolliamo dalla 27. Ormai ho imparato a non fidarmi dei controllori di Port-au-Prince e una volta virato a sud, mi alzo subito a 5000 ft. Per sorvolare il VOR di Obleon (l’ultima volta mi avevano ordinato di mantenere 3500 ft. E per poco non mi schiantavo sulle montagne. Sorvoliamo comunque il il VOR e viriamo per 55°. Sotto di vediamo il Lago Enriquillo e la Sierra Neiba e ci dirigiamo verso la Cordigliera Centrale. A questo punto il mio secondo, fino a quel momento piuttosto taciturno, comincia uno strano discorso.

“Tu conosci il Cafè Cito, giù a Puerto Plata?” mi domanda

“Mai sentito, sai, sono astemio e vado a letto presto, al massimo faccio un voletto in IVAO, virtuale si capisce...”

“Beh, vedi, al Cafè Cito, hanno sempre avuto piacere a far conoscere al pubblico dei turisti i prodotti locali, il rum, che qualche volta è così vellutato che sembra cognac, o i sigari, quelli veri, genuini, non quelle marche famose come i Davidoff, i Cohiba, che il più delle volte sono solo delle contraffazioni di nessun valore...”

Intanto io penso a quella volta che avevo comprato una bella confezione da regalare al Prez (una leccatina ogni tanto non guasta) e che poi si è rivelata una vera schifezza... e a questo punto, magari per rifarmi, il discorso comincia ad interessarmi

“Vedi - continua il mio secondo - giù al Cafè Cito abbiamo concluso che da qualche parte nella Repubblica Dominicana ci deve essere una piccola industria di eccellenti sigarai con un prodotto di ottima qualità e di prezzo adeguato al fatto di essere poco conosciuto.”

“Per quel che ne so io, ci sono un sacco di manifatture di sigari qui, molti sono immigrati da Cuba, i prodotti sono eccellenti..”

“E’ proprio quello che abbiamo cercato, e trovato, e ce l’ha segnalato proprio uno dei nostri clienti...”

Quel continuo riferimento al Cafè, ai clienti e ai sigari come fossero una sua proprietà mi fa pensare che in realtà Luis sia più un barista che un pilota... in effetti, oltre a leggere la check-list, finora ha fatto poco, nè io gli ho lasciato fare di più...

“... vedi, il posto è proprio qui vicino, nella Cibao Valley, in mezzo alla Cordilliera Central, si tratta di una famiglia di immigrati cubani, come dicevi tu, fanno sigari per conto terzi e da un po’ di tempo hanno sviluppato una loro marca, la “Cuevas Hermanos”, sigari veramente eccellenti...”

Il discorso si interrompe e vedo che Luis mi guarda di sottecchi, poi riprende

“... magari, visto che siamo qui, si potrebbe fare una capatina a fare rifornimento, sai, per i clienti giù al Cafè... e poi ci sarebbe qualcosa anche per te...”

Io, che, come disse Oscar Wilde, so resistere a tutto tranne che alle tentazioni, penso a qualche spicciolo in più, in fondo siamo in anticipo, il piano di volo è flessibile...

“Dove bisognerebbe atterrare?” mi informo

“Qui vicino, c’è un aeroportino privato, una sosta di mezz’ora e ce la caviamo... ai passeggeri diciamo che c’è un piccolo guasto e dobbiamo dare un’occhiata”

I passeggeri, quelli, se li conosco bene, se ne fregano di una diversione, anzi... magari ci scappa un “negocio”

Così, senza dire niente a nessuno, atterriamo su questo campetto, imbarchiamo la merce, già ci aspettavano, diavolo d’un Luis, lui aveva anche i soldi pronti, e ripartiamo per Puerto Plata dove arriviamo quasi in orario,alle 12:12, d’altronde gli orologi ai Caraibi non sono mai precisi.

Il Puerto Plata Reporter aveva parlato dei sigari marca “Cuevas Hermanos”, esclusiva del Cafè Cito, e della storia della loro provenienza, eccetera, eccetera... ma io non l’avevo mai letto...

Comunque, caro Prez, ho in serbo per te una scatoletta di legno con una confezione assortita di cinque sigari, un Churchill, un Robusto, un Lonsdale, un Panatela e un Corona... alla prima occasione te la regalo... e se ancora non ci avevi pensato, oltre al rhum e ai maialini transgenici metti anche i sigari.

 

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